Nel servizio specifico offerto alla gente del mare, e nell’impostazione di tale pastorale, quanto è importante il carisma scalabriniano?

Nel servizio specifico alla gente del mare il carisma scalabriniano è importante per la fedeltà al fondatore San Giovanni Battista Scalabrini che, fin dall’inizio, invia i suoi missionari via nave chiedendo loro di accogliere e servire gli emigranti nelle loro necessità, soprattutto celebrando la Santa Eucarestia e insegnando il catechismo a bordo. 

Attualmente il carisma è importante perché, seguendo l’intuizione del Santo fondatore, continuiamo a servire on entusiasmo e allegria i marinai in porto, “eterni migranti”, vivendo e testimoniando la nostra fede. Prestiamo il nostro servizio indistintamente da fede, razza e cultura,  nello spirito di un’accoglienza fraterna e umana attenta alle urgenze del momento e con lo sguardo rivolto al futuro … avere occhi nuovi e lungimiranti è la chiave dell’importanza del carisma scalabriniano. Durante la pandemia tutto si è complicato, ma combinando i mezzi moderni e gli antichi siamo riusciti a offrire il nostro servizio: pregando dalla banchisa del porto insieme ai marinai a bordo nave; con il vecchio e sempre valido sistema del cestino legato a una corda, molte volte siamo riusciti a offrirgli i pranzi di cui avevano voglia.

Dal punto di vista spirituale e religioso, inspirandoci a San  Giovanni Battista Scalabrini, l’attenzione e il rispetto profondo alla persona ci permettono ancora oggi di pregare e ringraziare ognuno il proprio Dio.

In questi 25 anni, quali sono le situazioni più complicate che avete affrontato? E quali invece quelle dai risvolti positivi?

Le situazioni più complicate sono quelle che riguardano problemi di salute (incidenti sul lavoro), liti tra marinai e problemi di contratto di lavoro. Uno dei momenti più delicati è quello di un marinaio filippino, feritosi al largo della costa africana e portato all’ospedale solo quando è arrivato qui a Rio de Janeiro. Mentre si trovava in stiva, la merce trasportata si è mossa colpendolo alla testa. Il Capitano lo ha medicato quotidianamente e, una volta giunto in ospedale, ha ricevuto ben 159 punti intorno alla testa e al volto! Lui voleva ritornare rapidamente a casa, ma così facendo avrebbe perso i diritti lavorativi; lo abbiamo accompagnato per due mesi in modo che potesse avere il migliore recupero possibile prima di tornare a casa, dove per alcuni mesi ha continuato la convalescenza.

Un altro caso riguarda un marinaio che stava andando in pensione e, da Rio de Janeiro, rientrava nelle Filippine con un volo Air France. L’aereo è purtroppo precipitato e noi abbiamo accompagnato quattro famigliari venuti per raccogliere il DNA e procedere al riconoscimento del corpo. Un momento molto difficile: l’allegria di poter stare finalmente con i propri cari, dopo trentacinque anni di mare, si è purtroppo interrotta tragicamente.

Un altro caso molto triste è quello di due marinai che, feritisi dopo aver litigato tra di loro e dopo due mesi in prigione e cinque in alberghi diversi, a giorni alterni venivano al centro “stella maris” per comunicare con le proprie famiglie. Insieme con l’International trade federation (ITF), il sindacato dai marinai, abbiamo seguito la situazione contrattuale con la compagnia e, alla fine, sono ritornati in patria. Dopo alcuni mesi mi scrissero contenti che erano di nuovo a bordo.

Il caso più bello di tutti riguarda un marinaio che non sapeva usare la mail! Dopo due ore di spiegazione e contatti con il figlio di quindici anni, lo abbiamo aiutato a creare un suo email account. Così, per la prima volta, ha potuto vedere la foto di sua figlia di sei mesi e, dopo qualche giorno, siamo riusciti ad attivare Skype. Connettendosi, ha sentito sua figlia piangere e singhiozzare durante l’allattamento. Come sacerdote, non posso conoscere la paternità, ma in quei giorni ho scoperto e vissuto l’emozione di essere papà. Altri casi belli riguardano principalmente la risoluzione di  problemi legati ai contratti, come nei casi di ritardo nel pagamento degli stipendi, alimentazione insufficiente a bordo, gestione dell’invio di rimesse per non perdere la casa nel paese di origine.

Dal punto di vista religioso, momenti importanti riguardano la partecipazione viva quando celebriamo la Santa Eucarestia, e le celebrazioni ecumeniche che ci permettono di vivere la fraternità, l’amicizia e la solidarietà cristiana.

Il tratto multiculturale della forza lavoro marittima rappresenta ancora una delle sfide più significative alle quali deve far fronte l’apostolato del mare?

Possiamo dire che il mondo in generale è diventato molto multiculturale, questa situazione però nel modo marittimo è sentita in modo ancora più forte, perché gli spazi fisici sono molto ridotti e come logica conseguenza gli attriti multiculturali fanno molto male. Iniziamo da un esempio molto semplice, ma estremamente importante: il cibo. Se il cuoco è cinese, ma a bordo ci sono anche altre tre o quattro nazionalità, che cibo sarà privilegiato? Le tradizioni culturali del mio paese saranno rispettate o cancellate? Non avere il cibo che si preferisce influisce negativamente sul fisico e sull’umore, e dunque su come si vivrà la giornata. Ecco, davanti a queste problematiche l’apostolato del mare cerca di rispondere accogliendo e rispettando tutte queste situazioni. È una sfida grande e continua che ci spinge all’incontro del marinaio non come forza lavoro ma come uomo e come persona, che vuole sentire l’aria di casa anche se si trova dall’altra parte del mondo.

Ci sono nuovi percorsi/approcci allo svolgimento di questo servizio che ritiene siano da realizzare?

Non credo che ci sia da “inventare la ruota”, ma credo che si debba imparare a usarla in modo nuovo! Le sfide sono sempre grandi: il tempo ridotto in porto e il livello culturale e umano dei marinai ci devono stimolare a usare meglio la modernità! I nuovi mezzi di comunicazione ci permettono con più facilità di mantenere relazioni con i marinai; cosa che anni fa era quasi impossibile. Questo ci consente anche una relazione con i loro famigliari in modo da stringere una sincera amicizia e avere un impatto più grande nelle loro vite, sia in senso umano che cristiano o anche nell’amicizia interreligiosa o ecumenica. Non possiamo dimenticare un dialogo sereno e deciso con gli armatori delle navi e i sindacati, perché dobbiamo mettere sempre al centro di tutto l’uomo e la sua famiglia. Concludendo, mi sembra che la cosa più importante sia imparare ad amare ogni giorno le situazioni che incontriamo, come Gesù ci ha insegnato, per dare felicità e allegria a loro e anche a noi, per sentire che siamo una goccia d’acqua che muove l’oceano della fraternità e giustizia in un mondo dove facilmente si dimentica che l’essere persona è più importane del lucro. 

P. Cesare Ciceri, nato a Senago (Milano) l’11 giugno del 1962, sacerdote dal 1993 è stato destinato al Brasile (antica provincia San Paolo, ora Regione Nostra Signora Madre dei Migranti). Arrivato in San Paolo, ha abitato all’orfanotrofio per lo studio del portoghese, poi ho svolto servizio missionario presso la chiesa della pace (baixada do glicerio centro San Paolo); alla madonna della Grazia in Vicente de Carvalho (GUARUJÁ/ San Paolo); a Sobradinho presso la parrocchia Bom Jesus (brasilia), Palmas comunità di base (Tocantins). Dal 2002 al 2007  presta servizio a Framingham USA, con le comunità brasiliana, portoghese, italiana e americana. Dal 2007 è a Rio de Janeiro come direttore e cappellano dello Stella Maris a cui somma dal 2012 il servizio come parrocco di Santa Cecilia e San Pio X.