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E’ stato giustamente affermato che il vero problema con il quale oggi siamo costretti a fare i conti è che i potenziali rifugiati di oggi coincidono solo in parte con quelli tutelati dalla Convenzione di Ginevra del 1951. Alle vittime di discriminazioni e di violenze di Stato si è aggiunta una eterogenea galassia di soggetti vulnerabili. Chi lascia i paesi di origine alla ricerca di condizioni migliori di vita non fugge soltanto dalla guerre o dalle persecuzioni ma da situazioni socio ambientali che non consentono di vivere e crescere con dignità. L’attuale quadro normativo internazionale e nazionale è probabilmente inadeguato di fronte a questi nuovi scenari. L’art. 13 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 proclama il diritto di ogni individuo alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato, e anche il diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornarci. Tuttavia a questo diritto non corrispondono politiche dell’immigrazione inclusive, chi fugge dalla povertà viene quasi dovunque percepito come un soggetto potenzialmente pericoloso per l’ordine sociale.
In questo scenario socio politico si colloca il magistero di Papa Francesco sulle migrazioni. Nell’enciclica  Fratelli tutti il Papa, dopo aver ricordato che l’ideale sarebbe evitare le migrazioni non necessarie e creare nei paesi di origine la possibilità concreta di vivere e crescere con dignità, ha tuttavia auspicato che, qualora non si riuscisse a perseguire tale scopo, tutte le nazioni dovrebbero tutelare “il diritto di ogni essere umano di trovare un luogo dove poter non solo soddisfare i suoi bisogni primari e quelli della sua famiglia, ma anche realizzarsi pienamente come persona…I confini e le frontiere dello Stato non possono impedire che questo si realizzi”. Ad una prima lettura tali affermazioni potrebbero sembrare utopistiche o irrealistiche e tuttavia nel dibattito dottrinale, nella legislazione e nella giurisprudenza sovranazionale e nazionale cominciano ad emergere istanza similari a quelle del magistero Pontificio
Limitando l’analisi al contesto nazionale può risultare interessante evidenziare come, per es. con riferimento al tema della povertà dei paesi di origine dei migranti, se è vero che l’indirizzo giurisprudenziale prevalente nega che la stessa possa porre a carico dello Stato di approdo un obbligo di accoglienza e protezione, per non avere lo Stato Italiano l’obbligo di garantire i parametri di benessere economico e sociale a cittadini stranieri a meno che la povertà raggiunga la soglia della carestia (Cass. 20334/2020) oppure perché la solitudine e l’indigenza economica non integrano una grave violazione di diritti umani (Cass. n. 17118/2020), non si può non dare atto di un altro indirizzo che al contrario afferma la rilevanza della povertà del cittadino straniero quando la stessa sia emendabile tale da determinare l’impossibilità di sostentamento (Cass. n. 16119/2020) oppure per ragioni individuali di indigenza (Cass. n. 18443/2020).
In questa prospettiva interpretativa una ulteriore novità è rappresentata dall’emergenza nel dibattito scientifico e giurisprudenziale del disastro ambientale. In una recente sentenza la Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Civile, nella sentenza, n. 5022/21,  ha affermato che “il pericolo per la vita individuale che rileva ai fini del riconoscimento della protezione non deve necessariamente derivare da un conflitto armato ma può dipendere da condizioni socio ambientali comunque riferibili all’azione dell’uomo a condizione che il contesto che si viene a creare in una determinata zona sia in concreto tale da mettere seriamente a rischio la sopravvivenza del singolo individuo e dei suoi congiunti. La guerra, o in generale il conflitto armato, rappresentano la più eclatante manifestazione dell’azione autodistruttiva dell’uomo, ma non esauriscono l’ambito dei comportamenti idonei a compromettere le condizioni di vita dignitosa dell’uomo”.
Le catastrofe ambientali, la povertà estrema dei paesi di origine, temi inizialmente ai margini della riflessione giuridica, acquisiscono dunque sempre più rilevanza laddove siano idonei ad esporre l’individuo al rischio di vedere azzerati i suoi diritti fondamentali alla vita, alla libertà, all’autodeterminazione. A fronte della presa di consapevolezza di tali nuovi diritti tuttavia gli Stati continuano ad  invocare il diritto dovere delle proprie istituzioni di tutelare le proprie frontiere al fine di garantire la sicurezza nazionale. 
Oggetto del convegno sarà quello di verificare se esiste un  punto di equilibrio tra questi due apparenti contrastanti diritti, quello del singolo individuo di emigrare e quello degli Stati di tutelare i propri confini e regolamentare i flussi migratori.

Programma

(14.30-17.00)

Indirizzo di saluto
P. Aldo Skoda, cs, Direttore dello Scalabrini International Migration Institute

Introduce
Avv. Emanuele Giudice, Presidente Associazione Alexandra

Modera
Avv. Carmen Covelli, responsabile area immigrazione Associazione Alexandra

P. Fabio Baggio, cs, Sottosegretario della sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, Il Magistero di Papa Francesco

Dott. Andrea Gatto, Direttore della Caritas diocesana di Aosta, L’accoglienza e l’integrazione dei richiedenti asilo nella Diocesi di Aosta

Cons. Maria Acierno, Consigliera della Corte di Cassazione, Le nuove vulnerabilità prima e dopo l’abolizione della protezione umanitaria

Prof. Paolo Morozzo Della Rocca, Professore ordinario e Docente incaricato di Diritto dell’Immigrazione – Università di Urbino Carlo Bo, I corridoi umanitari

Avv. Veronica Dini, Presidente Systasis – Centro studi per la prevenzione e gestione dei conflitti ambientali, Il migrante climatico, nuova categoria giuridica